Ricordi dal “Sentiero dei Briganti” 04/2022

Ricordi dal “Sentiero  dei  Briganti”

Presenza umana quasi inesistente


Solo ora raccolgo e dò voce ai ricordi  incamerati nei tre giorni di viaggio utilizzati per percorrere il famoso e tanto agognato “SENTIERO DEI BRIGANTI”.

Questo piccolo ritardo sulla necessità di cristallizzare le sensazioni da me provate non è dipeso da una mia trascuratezza: ho prima dovuto superare una leggera gelosia, che alimentava la mia riservatezza, in poche parole volevo egoisticamente continuare a godere dei ricordi  in modo esclusivo.

Ma sono altrettanto consapevole (e questo è l’intento del mio scritto) che  la cosa più bella è riuscire a incuriosire e coinvolgere nuove persone, affinché anche loro possano provare e scoprire le tante diverse sensazioni, che questo modo diverso e lento di viaggiare attraverso un territorio procura.

Il primo giorno, dopo la consueta salita, (solo una delle tante) ci siamo immersi o meglio siamo stati avvolti dall’esteso bosco della riserva di “Monte Rufeno”, inconsapevoli dello scenario cui saremmo andati incontro.

Riserva di monte Rufeno

C’è stato subito un grande impatto, dovuto all’esteso ambiente naturale: abbiamo cambiato dimensione, siamo tornati indietro nel tempo, al tempo dei “Carbonari”, circondati a perdita d’occhio dalle foglie e dal profumo del legno di quercia.

Avvolti dal bosco

 Le varie specie di querce (vera costante e vero simbolo del sentiero) mettevano in bella mostra le loro possenti e globose ramificazioni, non ancora occultate dall’imminente crescita delle nuove foglioline, come solo i veri patriarchi della natura  possono fare.

Usciti dal bosco, nella seconda parte della giornata, il sentiero è subito diventato  molto tortuoso e anche molto più tecnico: continui saliscendi si alternavano a scarpate, slarghi, spallette, piccoli campi. Questo frullatore di giravolte e cambi di direzione, unito al continuo passaggio tra zone più oscure o più luminose, mi ha frastornato: ho perso completamente il senso dell’orientamento e mi sono quindi dedicato unicamente al controllo e alla guida della bicicletta, seguendo passivamente la fila indiana del nostro gruppo e affidandomi ciecamente alla nostra super esperta “Guida” Andrea.

Comunque questo senso di “sballottamento” è stato da me vissuto in modo assolutamente positivo, direi quasi onirico; non so dire con precisione se ciò sia stato indotto dalle tante e diverse immagini viste durante il percorso, oppure dalla buona cena accompagnata dai due bicchieri di vino offerti dall’agriturismo. Alla fine sono arrivato alla conclusione  che ciò  sia dipeso da entrambe le cause, con una preminenza dovuta al particolare e movimentato percorso.

Il secondo giorno  è incominciato percorrendo il facile e scorrevole lungolago di Bolsena, per poi attaccare la ripidissima salita del cono vulcanico; qui ognuno si è arrangiato secondo le proprie forze e possibilità (personalmente ho fatto una parte della dissestata salita a piedi spingendo la bicicletta).

Il lago di Bolsena

La pausa pranzo è stata consumata presso il riposante e verdeggiante lago di “Mazzano”, un luogo che tutti noi abbiamo giudicato veramente suggestivo. Mentre mi riposavo riflettevo sull’enorme pressione esercitata nei confronti della natura e sugli eccessi degli esseri umani e mi sono venute in mente le immagini di cronaca, rilanciate dai notiziari della scorsa estate, che denunciavano lo scempio del luogo, fatto durante un raduno non autorizzato.

Successivamente  ci siamo cimentati con un “Imbuto o meglio Mmmbuto” come lo ha chiamato il nostro super “Meccanico”  (e non solo) Giovanni.

Questo imbuto, praticamente, era uno stretto canalone delimitato da piccole e ripide scarpate piene di arbusti e rovi, per nostra fortuna non ancora troppo rigogliosi. Il canalone seguiva la linea di massima pendenza, quindi era anche molto scalinato dalle acque meteoriche: inutile dire che l’attenzione e la perizia di tutti è stata sollecitata al massimo, come l’efficienza dei freni a disco.

Ci siamo raggruppati tutti a valle, indenni e sollevati, per aver superato senza conseguenze spiacevoli anche questa difficoltà.

Il terzo ed ultimo giorno  è iniziato con la golosa  e apprezzatissima colazione preparataci all’ostello di Farnese. Sono partito consapevole che questa piccola avventura volgeva al termine e quindi il mio stato d’animo si è predisposto per tornare gradualmente alla normalità.

Ma così non è stato: anche il terzo giorno si è infatti rivelato ricco e denso di vere sorprese.

Siamo partiti accompagnati da un vento contrario e freddo, ma che in compenso ci ha  regalato un cielo terso e luminoso. Dopo alcuni chilometri, siamo entrati nella riserva della selva del “Lamone”,  nome che deriva dalla lava, infatti l’estesa e intricata foresta di querce è cresciuta su una colata lavica, la cui superficie raffreddandosi è divenuta molto frastagliata e accidentata.

Qui i massi e i conci sono interamente ricoperti di muschio e risaltano con fulgore vicino alla base dei cerri, della ancora spoglia foresta, perché colpiti dal sole che filtra tra i tronchi, apparendo di un verde scintillante, un brillante color ramarro.

La cascata

In seguito ci siamo imbattuti in una allegra e fresca cascata; quindi abbiamo visitato i ruderi dell’antica citta di Castro, letteralmente inghiottiti e inglobati dalla vegetazione: dalla terra emergono le tracce dell’opulento e  prosperoso passato, testimoniato anche dalla buona fattura delle pietre modanate e squadrate sapientemente.

Resti dell’antica città di Castro

Dopo aver attraversato una campagna solitaria e remota, ecco apparire come un faro Vulci con il suo famosissimo ponte.

Vulci

Dulcis in fundo, dopo tanto sterrato,  abbiamo finalmente messo le ruote sull’asfalto. Non ci è sembrato vero e con le nostre fidate compagne cariche di borse, ci  siamo lanciati verso la meta finale, la stazione di Montalto, a più di 35 km orari, aiutati da un vento favorevole e da uno scarsissimo traffico veicolare.

Questa legittima manifestazione di esuberanza è però stata offuscata dalla frettolosa partenza di alcuni di noi: il primo treno era in arrivo e chi è partito è stato subito risucchiato dalla cosiddetta civiltà.

Considerazioni finali

Percorrere il “Sentiero dei Briganti” è stata un’esperienza molto coinvolgente e gratificante, il merito secondo me è da attribuire in egual misura a due fattori:

Il percorso — il sentiero è un percorso unico e suggestivo perché somma diverse caratteristiche, aspro, naturale, incontaminato e a tratti quasi selvaggio, con scarsi e marginali segni di presenza umana per un territorio molto antropizzato come il nostro paese. Queste rare caratteristiche fin da subito hanno catturato l’attenzione di tutti; il coinvolgimento con l’ambiente circostante è stato di una tale intensità che ha determinato una forte riduzione delle esigenze umane (che in un gruppo numeroso sono abbastanza frequenti). Le esigenze personali semplicemente sono state riassorbite, quasi annullate.

La tagliata
La collaborazione

La coesione del gruppo – Il gruppo ha collaborato e funzionato in modo efficiente e fattivo: nonostante alcuni di noi non si fossero mai conosciuti prima, ci siamo aiutati vicendevolmente nei passaggi difficili, superando anche un piccolo guado.

Sono stati sicuramente il carisma, l’entusiasmo e l’affidabilità della nostra guida Andrea, uniti  alla sicurezza, professionalità e tranquillità della nostra “coda” Giovanni  a determinare l’ottimo comportamento del gruppo e la sua coesione.

D’altra parte con due simili “monumenti” in testa e in coda, come non avrebbe potuto funzionare il gruppo?

Con grande riconoscenza, un sentito grazie!

Marco Masella

Una parte del nostro gruppo

3 risposte

  1. Cesare Albanese ha detto:

    Grazie Marco, descrizione molto interessante e coinvolgente che spero spinga altri nostri amici a percorrere questo molto interessante itinerario.

  2. Maurizio Regis ha detto:

    Complimenti, bellissimo percorso! Forse varrebbe la pena condividere anche le tracce gps: in caso fammi sapere.

    • Giovanni Palozzi ha detto:

      Hai ragione Maurizio, purtroppo nonostante il calendario sul sito dia la possibilità di condividere le tracce dei percorsi, e il fatto che ormai è alla portata di tutti (o quasi) memorizzarle, la maggior parte degli accompagnatori se le tengono strette. E dire che questa funzionalità sul sito era stata implementata proprio per facilitare il cicloturismo, che se non sbaglio è uno dei nostri obiettivi!
      Te le manderò in privato

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