Cicloviaggio in Barbagia, 7- 15 giugno 2025

Dal 7 al 15 giugno 2025 BiciLiberaTutti ha organizzato un cicloviaggio in Sardegna: Barbagia Folk Bike. L’iniziativa, che per spirito e scopi si ispirava al già collaudato Madonie Folk Bike, tenutosi l’estate scorsa– ovvero alla visita di territori poco battuti dal turismo di massa e alla riscoperta delle loro tradizioni musicali, artigianali e gastronomiche utilizzando la bicicletta -, è scaturita dalla collaborazione tra Antonella De Mico, di BiciLiberaTutti, e Giorgio Tupone, di Folk Media.
I partecipanti – dieci in tutto – si sono incontrati a Macomèr, da dove hanno iniziato una pedalata di circa 430 km., con un dislivello positivo di 5800 m., negativo di 6450 m., che li ha condotti in nove giorni dal Màrghine al cuore della Barbagia, quindi a Posada e infine ad Olbia, ultima tappa del viaggio.
Riportare in poche righe le emozioni provate durante nove giorni di pedalata non è agevole: le sollecitazioni ricevute, i luoghi e gli ambienti visitati, gli incontri con gli amministratori locali e gli artigiani sono infatti stati molteplici e di impatto vario. Pur trattandosi di un viaggio “in fase di allestimento” – alcuni contatti sul territorio erano già stati presi, altri sono stati intrecciati durante i giorni di viaggio – sarà comunque possibile avanzare alcune considerazioni di carattere generale.
Innanzitutto il territorio. Antonella, la nostra guida, aveva preparato un itinerario lungo strade a basso traffico e, in molti casi, di grande bellezza paesaggistica. Pedalare lungo queste strade ci ha permesso di apprezzare, grazie anche al “tempo lento” della bicicletta, i vasti e imponenti boschi di sughere e lecci che ammantano la Barbagia, intervallati da zone di pascolo per greggi di pecore e capre, e, nel territorio di Mamoiada e Orgosolo, da vigneti.
Una terra che ci è quindi apparsa scarsamente antropizzata – non ci sono insediamenti sparsi al di fuori dei paesi – e molto particolare, che conserva numerosi siti ed alcune aree archeologiche poco frequentate, ma di notevole importanza e forte suggestione. In alcune di queste aree è attestata continuità dall’epoca nuragica alla dominazione romana, come nelle aree di Tamuli, Noddule e Romanzesu (XVIII secolo – III secolo a. C.). La presenza in situ di guide competenti e appassionate ha offerto ai visitatori un’importante occasione per intuire come i rapporti tra le aree dell’isola si siano strutturati dal passato più remoto lungo una continuità di piste e luoghi di incontro che talvolta hanno lambito l’età moderna.
Gli incontri con artigiane per la lavorazione al telaio verticale a Sarùle e artigiani dediti alla lavorazione del legno ad Ottàna e Mamoiada per la realizzazione delle maschere legate ai riti del carnevale hanno confermato la forte continuità tra il passato e il presente, ed insieme la spinta ad aprirsi per diffondere la conoscenza di usi e feste millenarie, in una contaminazione tra tradizione e innovazione. Anche la fusione e la preparazione dei campanacci per le greggi, che abbiamo potuto vedere a Tonàra in un’officina a gestione familiare, ha confortato l’impressione di trovarci in un territorio ricco di storia e sapienza artigiana che non si chiude nella mera conservazione del passato, ma guarda verso nuove possibilità di sviluppo: musicisti, anche stranieri, che praticano musica folk si rivolgono – ci è stato detto – all’officina per l’acquisto di campanacci con cui sviluppare le proprie melodie. Panifici, casefici e torronifici, anch’essi a gestione familiare, di seconda o terza generazione, con uso soprattutto di materie prime locali per la preparazione del prodotto finito – grano duro sardo, miele e mandorle sarde -, parlano ancora della consapevolezza dell’importanza di conservare l’eccellenza dei prodotti locali a fronte di un mercato alimentare svilito dal cibo di scarsa qualità.
Sorprese particolari a Bitti il museo dedicato al canto a tenores, classificato come patrimonio immateriale dell’umanità, e ad Orani quello, curatissimo, sulle opere dell’artista Costantino Nivòla.
Volendo sintetizzare in poche parole le tante impressioni ricavate, non posso che scrivere che questa terra, attraverso un viaggio talvolta faticoso anche per le alte temperature degli ultimi giorni, condotto con un mezzo a impatto ambientale pressoché nullo come la bicicletta, si è tenacemente dimostrata ricca di orgoglio per le proprie ricchezze e disposta ad svelarsi con intelligenza e sensibilità al viaggiatore curioso e rispettoso ed ha perciò regalato grande soddisfazione ai partecipanti.
Insomma, e per concludere, non posso che ringraziare la nostra guida Antonella e Giorgio per aver costruito con pazienza e dedizione l’itinerario e trasformato con una vacanza “a misura di pedale” i dieci ciclisti di Macomèr in un gruppo coeso di viaggiatori – non di turisti!- attenti e consapevoli.







Bellissimo articolo e bellissima esperienza, grazie Franca per averla voluta condividere.
Splendido, prossimo anno non manchero’, pure se zoppa ah
L’8 ero a Budoni ed ho incrociato alcuni ciclisti con la maglia Fiab. C’era qualcuno di voi?